La Campagna Salentina

24.09.2016 14:52

In termini correnti, molto spesso, si possono definire ruderi, ma questo termine non riesce a comunicare quanto emerge dall’incontro con queste strutture che solo per “rimescolamento indotto” hanno assunto forma diversa dalle rocce naturali, divenendo ricovero per uomini e bestie, essendo la materia che le compone identica a quella che compone la campagna circostante.

Sebbene sia una terra densamente popolata (sono ben 96 i comuni della provincia di Lecce) dovunque lo sguardo si perde a vista d’occhio sulla campagna piatta e brulla, interrotta solo da infiniti uliveti. E sempre, in mezzo a questi ordinati filari o dai campi coltivati si sporgono le piccole pagghiare, che fanno coppia con i muretti a secco che delimitano le chiasure o fundi.

 

Il colore, la forma, sono gli stessi di quelli delle rocce affioranti, li cuti, su cui crescono gli ulivi e che, spesso, ne causano la torsione e spaccatura dei tronchi.

Sono le ossa di quella terra avara che i contadini, in tutti questi secoli di dure fatiche ed economia di sussistenza, le hanno strappato, per ottenere un po’ di più dei pochi frutti che riusciva a dare, ricavandone anche materiale da costruzione.

 

L’economia del Salento è sempre stata legata alla terra che richiedeva lavoro durissimo ed in cambio offriva magri ricompensi, sempre da dividersi tra il povero bilancio familiare e le esose gabelle allo Stato ed a i feudatari che ispirarono il detto popolare:

“O papa, o rre, o bbarune: fallu tunnu, ma nu sse bbinchia mai, tene lu spunnu”

(Sia papa, re o barone: ai voglia ad ingrassarlo, non si riempie mai, è senza fondo).

I contadini (coloni, affittuari o enfitèuti) cercavano di ricavare il poco per vivere da una terra che lungo tutta la costa adriatica (da Monopoli a Santa Maria di Leuca) e lungo quella ionica (fino a Taranto) era spessissimo occupata da paludi malsane, mentre all’interno le zone rocciose erano ben più estese delle attuali e mancavano totalmente di acque superficiali.

 

Quelle semplici architetture (dette pagghiari, furni o furnieddhi-dal latino fornix, fornace- chipuri, calì e calivaci) facevano parte di uno stile di vita basato sul sacrificio e sull’apparenza totale ad una storia che non lasciava alternative.